Mercato digitale in Italia: trend in crescita nel 2018 e nel 2019 e il Piano nazionale 4.0
Di recente Anitec-Assinform – l’Associazione di Confindustria che raggruppa le principali aziende dell’Ict – ha condotto una ricerca assieme a NetConsulting cube che rileva lo stato attuale e le previsioni di crescita del mercato digitale in Italia.
Il mercato digitale in Italia regista trend positivi sia nel 2018 che nel 2019 con una crescita del 2,5% a 70.474 milioni di euro ed una previsione analoga per il 2019 con una stima che si aggira sui 72.222 milioni. Sono queste le principali evidenze emerse dallo studio condotto da Anitec-Assinform – Associazione di Confindustria – e NetConsulting cube su un mercato che comprende i settori dell’informatica, delle telecomunicazioni, dei contenuti e dell’elettronica di consumo che continua crescere anche grazie alla qualità sempre migliore della domanda, ovvero alla spinta delle componenti più innovative, quelle che consentono di accelerare la trasformazione digitale dei processi e dei modelli di business, oltre che di servizio. Lo slancio del mercato digitale italiano dipende principalmente dalla forte espansione di software e servizi, ma anche di dispositivi e sistemi sempre più moderni.
I numeri col segno + del digitale in Italia
Negli ultimi due anni in Italia si è assistito al fiorire di startup e di imprese e amministrazioni ben posizionate sul fronte dell’innovazione digitale, anche se non mancano le realtà, spesso di piccole dimensioni, che restano ancora ai margini dell’ammodernamento necessario per continuare a generare valore e occupazione. Lo dimostrano i dati del 2018 commentati anche dal presidente di Anitec-Assinform Marco Gay che rilevano:
- + 7,7% per quanto riguarda i contenuti digitali e digital advertising;
- + 5,1% per i servizi Ict toccando il tasso più alto degli ultimi anni;
- + 7,7% per software e soluzioni Ict;
- + 2,6% per i dispositivi e sistemi.
«La digitalizzazione continua a progredire, ed è un bene – ha dichiarato Marco Gay -. Genera investimenti e permette di affrontare il problema di efficienza di sistema che ci separa da una crescita solida e duratura». Di fatti, nel settore Ict il valore aggiunto per addetto è superiore del 25% a quello degli alti settori industriali. Il numero medio di addetti per impresa è del 60% superiore rispetto al quello rilevato per l’intera economia, mentre l’occupazione fra il 2018 e il 2020 per i professionisti ICT è attesa crescere a tassi del 2,4%.
Ecco perchè è sempre più evidente come lo stimolo dei digital enabler sia preponderante generando una spinta propulsiva notevole. Solo nel 2018 il mobile business è cresciuto del 9,4%, l’IoT del 19,2%, il cloud del 23,6%, la cybersecurity del 12,2%, i dispositivi indossabili del 15,3%, le piattaforme per il web del 13,7%. Parallelamente, hanno hanno acquisito una consistenza sempre più complessa ed efficente le applicazioni di intelligenza artificiale, big data e blockchain.
Ma chi investe di più?
La strada da percorrere è però ancora molto lunga. Se nel 2018 le grandi imprese costituite da oltre 250 addetti hanno espresso ben il 58,7% degli investimenti Ict, di contro le medie imprese (50-249 addetti) hanno resgistrato un tasso di investimento del 18,7%, meno delle piccole imprese (1-49 addetti) con un 22,6% che hanno un peso in termini di occupazione e Pil proporzionalmente più elevato. Inoltre, i tassi di crescita degli investimenti 2018 sono del 4,3% per le grandi, del 3,8% per le medie e del 2,2% per le piccole.
Piano nazionale impresa 4.0: un’occasione per le aziende italiane
Il Piano nazionale Impresa 4.0 (già Industria 4.0) è l’occasione per tutte le aziende che vogliono cogliere le opportunità legate alla quarta rivoluzione industriale, ovvero alla digital trasformation. Il Piano è costitiuito da tre principali linee guida:
- operare in una logica di neutralità tecnologica;
- intervenire con azioni orizzontali e non verticali o settoriali;
- agire su fattori abilitanti.
Nel 2018 il Piano ha generato un mercato in crescita del 18,7% a 2.593 milioni. Da quest’anno ha visto una maggiore focalizzazione alle piccole imprese, ma a fronte di una riduzione delle risorse complessive e quindi ancora più a scapito delle aziende di maggiori dimensioni, nonostante queste siano i motori dell’innovazione nelle filiere. A tal proposito, Gay ha commentato: «Il caso Impresa 4.0, come i passi indietro sul credito d’imposta per la R&S, restano il segno di una politica industriale e di bilancio in cerca di equilibri più che di sfide alla nostra portata. Anche se poi su altri fronti, sono emersi elementi molto positivi come la proroga del credito di imposta per la formazione di competenze Ict, di cui abbiamo un gran bisogno; l’innalzamento delle detrazioni per gli investimenti in capitale di rischio, che promette di stimolare il venture capital; il fondo per sostenere i progetti su intelligenza artificiale, blockchain e Iot, l’iperammortamento e incentivi per cloud e piattaforme collaborative, i voucher per l’Innovation Manager, che può guidare le piccole imprese nei processi di trasformazione tecnologica e digitale».
Le Istituzioni hanno una responsabilità importantissima: prefigurare l’evoluzione del sistema-paese in tempi in cui la trasformazione digitale è gestita o subita, e in cui le imprese possano fare appieno la loro parte. Secondo le attuali proiezioni, il Mercato Digitale dovrebbe confermare nell’insieme e nel 2019 il tasso di crescita dell’anno precedente, dando continuità, pur qualche aggiustamento nelle dinamiche delle diverse componenti, alla progressione dell’anno precedente.
In conclusione, investire nel digitale conviene alle imprese e al sistema paese: non si tratta più di una scelta da contemplare, ma di misure da adottare prima di essere totalmente esclusi dalle dinamiche che attualmente regolano l’economia, la società, gli affari e il mondo come oggi lo conosciamo.